di
Filippo Giannini
Anni fa scrissi per
un periodico un articolo dal titolo “Chiederò venia a Euclide”. Con
questo mio richiamo al grande matematico greco, enunciatore di tanti trattati
di geometria, intendevo impostare un ragionamento così logico che chiunque lo avesse letto non avrebbe che
potuto condividere le mie idee.
Il mio messaggio non
fu recepito, evidentemente perché Euclide è così grande da riuscire a quadrare
il cerchio ed io, tutt’al più, posso continuare a usare il compasso. Di
conseguenza – e a ragione – il matematico greco mi ha bocciato.
Ora, dopo aver
lasciato passare molto tempo, proverò a presentarmi di nuovo agli esami con la
speranza che la mia preparazione sia migliorata e che il mio pensiero, che mira
ad essere geometrico, e anche se non tridimensionale, per lo meno sia a due
dimensioni.
La gente si
allontana sempre più dalla politica, è scritto sui giornali o così è
ripetutamente lamentato sia in TV che alla radio.
Perché il cittadino soffre
di questa repulsione?
Perché tutti
partiti sono uguali. Tutti ladri. Uno vale l’altro, non cambierà mai nulla.
Si sente dire non da molti, ma da tutti, e chi può dare loro torto? Ogni
dibattito politico è una farsa.
Sì, sono un
fascista…Alt! Completo e mi correggo: Sono fascista in quanto mussoliniano.
Mussolini ci ha lasciato una serie di messaggi e programmi, moltissimi dei
quali risultarono di innegabile successo. Uno di questi è un chiaro incitamento
a riprendere il cammino da lì dove la forza dei nemici plutomarxisti lo
costrinse ad abbandonarlo. Egli ammonì, con un pensiero ben conosciuto, ma che è bene ricordare: <Il mondo, me
scomparso, avrà bisogno ancora dell’idea che è stata e sarà la più audace, la
più originale e la più mediterranea ed europea delle idee>. Certamente
con ciò Mussolini non si riferiva all’idea di garantire il salario d’accesso
ai giovani, oppure al controllo del flusso migratorio o a idee
del genere che, anche se importanti, non sono tali da giustificare che per
quell’idea più audace, più originale, centinaia di migliaia di italiani
dettero la vita. No!
L’idea alla
quale si riferiva Mussolini era certamente più grandiosa. E ce l’ha indicata
ripetutamente. Dapprima mettendoci in guardia sulla fallacia di uno Stato
basato sui partiti (in pratica quello attuale e quello preesistente al 1922)
che egli così bollò: <La corruzione non è NEL sistema, ma è DEL sistema>.
C’è qualche lettore che può contestare questo asserto? Poi Mussolini ci indicò
la strada: <O lo Stato fascista è uno Stato Corporativo, o non è uno
Stato fascista>.
Ecco la grande rivoluzione
che ci è stata indicata della quale noi dovremmo essere gli eredi. Quale
rivoluzione può essere più grandiosa di quella che si prefigge di cambiare un Sistema,
di uno Stato in un altro Sistema in un altro Stato?
Le credenziali della validità dello Stato Corporativo? Ecco quanto ha scritto Rutilio Sermonti:
<Quando una fazione
rivoluzionaria assume il controllo di una Nazione – come fu il Fascismo nel 1925,
e il Bolscevismo nel 1918 – ha davanti a se due strade: l’una (quella imboccata
da Lenin) consiste nel cancellare tutte le preesistenti strutture della
società, sostituendovi di punto in bianco quelle concepite (senza alcun
collaudo di esperienza) della propria ideologia; l’altra (quella imboccata da
Mussolini) é quella – pur avendo ben chiara la meta – di applicare riforme
incalzanti ma graduali, tali da non inceppare i meccanismi produttivi che tra
l’altro, assicurano al popolo il pane quotidiano e alla Nazione l’indipendenza.
Quale sia stata la strada migliore ce lo insegna la storia; il primo metodo
regalò alla Russia quattordici lustri di fame e di crisi produttiva (…).Il
secondo, senza ammazzare nessuno, permise all’Italia di aumentare costantemente
la produzione, di nutrire quotidianamente 45 milioni di italiani, di superare
brillantemente la grande crisi del 1929-1931, di risanare le finanze, e di difendere
vittoriosamente la propria moneta (…).>
.
Nessuno, lo auguro, potrà contestare quanto
asserito da Sermoni; anche se lo Stato Corporativo concepito dal fascismo era
appena agli albori e doveva svilupparsi secondo quei dettami che lo studioso ha
ben indicato: <applicare
riforme incalzanti, ma gradualmente>.
L’idea Corporativa si stava estendendo nel
modo a tal punto che non è errato affermare che ci sia stata un’epoca fascista. Nel Portogallo di Salazar la dicitura Estrado Novo voleva ribadire la radicale rottura con il passato e affermare la
nuova idea Corporativa. <Così
giungiamo al 1933, all’anno XI del Fascismo: la figura di Mussolini grandeggia
nel mondo, le idee fasciste varcano i confini invadendo l’Europa (…)> (G. Valentini, Il Corporativismo in Portogallo). Così questo Paese, sotto la guida di Antonio de Oliveira Salazar, dopo
decenni di colpi di Stato, di carestie, e di situazioni finanziarie catatrofiche,
<realizzò una notevole opera di
risanamento finanziario (il bilancio portoghese fu pareggiato per la prima
volta dopo il 1854>.
Esattamente nella stessa situazione – se non più grave – si trovava la
confinante Spagna. Dopo secoli di fame e miserie, dopo la guerra civile del
1936-39 <Il governo spagnolo ha
mantenuto l’organizzazione sociale corporativa(comitati misti)instaurato da
Primo de Rivera a somiglianza di quella italiana> (E.G. Caballero, Ripercussioni
del Fascismo in Spagna). Come non
ricordare el milagro argentino realizzato da Peron?
Visto che siamo in argomento, chiedo agli storici di RaiBufala: perché nelle vostre acute dissertazioni non parlate mai del perché il Presidente
F.D. Roosevelt, nel 1934, quando un americano su quattro era disoccupato, inviò
in Italia Tugwell e Moley, due fra i più preparati uomini del Brain Trust con l’incarico di studiare il miracolo italiano. Al
termine della visita, sul suo Diario, Rexford Tugwell, fra
l’altro, annotò: <(…) il campione
di macchina sociale (italiana) è la più efficiente che abbia mai visto>. Esattamente come oggi, vero bufolari di
tutte le angolazioni? È superfluo ricordare che solo al ritorno dei due Cervelloni in America, F.D. Roosevelt firmò il First New Deal, e il Second New Deal venne firmato nel 1934-36.
Certamente i governi a ispirazione fascista e i partiti a orientamento corporativo,
che videro la luce in decine di Paesi, avevano programmi diversi, perché diverse
erano la storia e le situazioni
sociali-economiche rispetto a quelle italiana, ma i principi di base
erano quelli del fascismo di Mussolini.
E oggi? Dove sono finite quelle idee? <Le hanno dimenticate quegli stessi (cioè
“Noi”, nda) che si sono considerati gli epigoni dell’idea del Fascismo e della
Repubblica Sociale>. Questo è
il duro rimprovero di Manlio Sargenti, che lanciò con amarezza, poco prima
della sua morte.
Spero questa volta di aver dato geometricità al mio pensiero e di trovare, non solo l’approvazione di Euclide, ma
anche, prima o poi, quella casa nella quale mi riconosco, il cui edificio,
che sia chiaro, deve poggiare su solide strutture portanti corporative.
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