Blog politicamente scorretto contro la dittatura del pensiero unico.
AVV. EDOARDO LONGO
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L' OLOCAUSTO DIMENTICATO DAI PADRONI DEL MONDO
Pubblichiamo la
traduzione italiana della dichiarazione dell’arcivescovo Silvano M. Tomasi,
Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre
organizzazioni internazionali, pronunciata a Ginevra il 17 marzo 2015, in
occasione della 28ª sessione del Consiglio dei Diritti dell’Uomo.
Signor
Presidente,
I
conflitti hanno costretto un numero sbalorditivo di 5,5 milioni di persone a
fuggire dalle proprie case nei primi sei mesi del 2014. Si tratta di
un’importante aggiunta al record di 51,2 milioni di persone in tutto il mondo
che già erano forzatamente dislocate alla fine del 2013 (Unhcr, Mid-Year Trends
2014, p. 3).
La
Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sulla Repubblica Araba di
Siria di recente ha riferito che, dall’inizio della crisi, «più di 10 milioni
di siriani sono fuggiti dalle loro case. Si tratta di quasi metà della
popolazione del Paese, ora privata dei suoi diritti elementari a un riparo e a
un alloggio adeguato, alla sicurezza e alla dignità umana. Molti sono vittima
di violazioni di diritti umani e di abusi e hanno urgente bisogno di misure
protettive e di sostegno». Ad aggravare questa tragedia, più di 3 milioni di
persone, per la maggior parte donne e bambini, sono fuggite dalla Repubblica
Araba di Siria e vivono come rifugiate nei Paesi limitrofi (Relazione della
Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sulla Repubblica Araba di
Siria, Consiglio per i diritti umani [27ª sessione], 5 febbraio 2015). La
violenza continua a produrre vittime in particolare in Medio Oriente, ma anche
altrove, dove l’odio e l’intolleranza sono i criteri per le relazioni tra i
diversi gruppi. I diritti umani di queste persone forzatamente dislocate
vengono violati impunemente in modo sistematico. Diverse fonti hanno fornito
testimonianze di come i bambini soffrano per le brutali conseguenze di uno
stato di guerra persistente nel loro Paese. I bambini vengono reclutati,
addestrati e utilizzati in ruoli di combattimento attivo, talvolta perfino come
scudi umani negli attacchi militari. Il cosiddetto gruppo dello Stato Islamico
(Isis) ha aggravato la situazione addestrando e usando bambini come kamikaze;
uccidendo bambini che appartengono a comunità religiose ed etniche diverse;
vendendo bambini come schiavi nei mercati; giustiziando un numero rilevante di
ragazzini; e commettendo altre atrocità (Comitato delle Nazioni Unite sui
diritti dell’infanzia, Concluding observations on the combined second to fourth
periodic reports of Iraq, p. 5, punto 23 [a], 4 febbraio 2015, Ginevra). I
bambini costituiscono circa la metà della popolazione di rifugiati nei campi
profughi in tutto il Medio Oriente e sono il gruppo demografico più vulnerabile
in tempi di conflitto e di migrazione. La loro vita in esilio è piena di
incertezza e di lotte quotidiane. «Molti sono separati dalle loro famiglie,
hanno difficoltà ad accedere ai servizi di base e vivono in una povertà
crescente. Solo un bambino siriano su due tra quelli rifugiati nei Paesi
limitrofi riceve un’educazione» (A. Guterres, discorso durante la sessione di
apertura della conferenza su Investing in the Future a Sharjah, 15 ottobre
2014). Al di là delle situazioni specifiche che devono affrontare i bambini
internamente sfollati e quelli che vivono nei campi profughi della regione, e
al di là delle immense tragedie che li colpiscono, appare importante immaginare
il loro futuro, focalizzandosi su tre ambiti di preoccupazione.
Anzitutto,
il mondo deve affrontare la situazione dei bambini apolidi che, come tali,
secondo la legge, non sono mai nati. Le Nazioni Unite stimano che solo in
Libano ci siano circa 30.000 di questi bambini. Inoltre, a causa dei conflitti
mediorientali e dello sradicamento di massa delle famiglie, diverse migliaia di
bambini non registrati sono sparsi nei campi profughi e nei Paesi d’asilo
(Unicef Monthly Humanitarian Situation Report, Syria Crisis, 14 ott. – 12 nov.
2014). Si tratta di “bambini fantasma” i cui genitori sono fuggiti dalla Siria,
ma dei quali il nome e la data di nascita non sono mai stati registrati in
nessun ufficio. Di fatto, l’Unicef rileva che 3.500 bambini “ufficialmente” non
hanno una famiglia o un’identità. Ciò accade perché tutti i documenti personali
sono stati distrutti sotto le macerie della guerra o, talvolta, semplicemente
perché i genitori non avevano avuto il tempo o i soldi per registrare la
nascita. I bambini apolidi attraversano da soli i confini internazionali e si
ritrovano totalmente abbandonati. Il numero di persone apolidi nel mondo
ammonta a 10 milioni. Mentre tutti devono affrontare grandi difficoltà, coloro
che fuggono dalla Siria si trovano di fronte a sfide ancora più drammatiche: un
bambino di età inferiore agli undici anni e privo di documenti non ha accesso
nemmeno ai servizi più elementari. Ovviamente questi bambini non possono andare
a scuola ed è probabile che vengano adottati illegalmente, reclutati in un
gruppo armato, abusati, sfruttati o costretti alla prostituzione. Ogni bambino
ha il diritto a essere registrato alla nascita e quindi a essere riconosciuto
come persona dinanzi alla legge. L’attuazione di questo diritto apre il cammino
che permette di accedere al godimento di altri diritti e benefici che
riguardano il futuro di tali bambini. Semplificare i meccanismi e i requisiti
per la registrazione, rinunciare alle tasse, impegnarsi per una legislazione
sulla registrazione che includa i rifugiati sono alcuni passi per risolvere la
piaga dei bambini apolidi.
In
secondo luogo, un altro elemento fondamentale che incide sul futuro dei bambini
sradicati è l’educazione. Sia in Siria sia nei campi profughi nella regione,
fornire un’educazione è diventato estremamente problematico. Circa 5.000 scuole
(Relazione della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sulla Repubblica
Araba di Siria, Consiglio per i diritti umani [27ª sessione], 5 febbraio 2015)
sono state distrutte in Siria, dove oltre un milione e mezzo di studenti non
riceve più un’educazione e dove gli attacchi contro gli edifici scolastici
continuano. Gli estremisti dell’Isis hanno già chiuso un numero consistente di
scuole nei territori sotto il loro controllo. La situazione di pericolo del
Paese non permette ai bambini di frequentare la scuola, né di accedere a
un’educazione adeguata. La comunità internazionale nel suo insieme sembra aver
valutato male l’entità della crisi siriana. Molti ritenevano che il flusso di
rifugiati siriani fosse temporaneo e che quei rifugiati avrebbero lasciato i
Paesi d’asilo entro pochi mesi. Ora, dopo quattro anni di conflitto, appare
probabile che questi rifugiati rimarranno e che la popolazione locale dovrà
imparare a vivere con loro fianco a fianco. A causa del conflitto, i bambini
sono indietro nell’educazione e stanno perdendo la gioia della loro infanzia.
Nei campi ci sono solo 40 insegnanti per oltre 1.000 studenti, di età compresa
tra i 6 e i 17 anni. La maggior parte degli insegnanti sono volontari, spesso
anch’essi rifugiati. Le lezioni sono incentrate sul disegno e sulla musica per
aiutare ad alleviare il trauma; quando sono disponibili i libri vengono
insegnati scrittura e matematica. In Turchia i bambini hanno difficoltà
ulteriori dovute alla barriera linguistica. I rifugiati parlano arabo o curdo,
quindi non possono frequentare le scuole pubbliche dove si parla solo il turco.
Per ragioni diverse, sia nel loro Paese natale sia nei campi profughi i bambini
trovano un sistema educativo inadeguato che sconvolge il loro futuro. Ovunque
c’è urgente bisogno di un sistema educativo che possa assorbire questi bambini
e portare una qualche normalità nella loro vita.
In
terzo luogo, un’altra seria conseguenza della violenza persistente che tormenta
il Medio Oriente è la separazione dei membri della famiglia, che costringe
tanti minori a cavarsela da soli. Alla radice della destabilizzazione della
società c’è la violenza generalizzata che porta alla disgregazione della
famiglia, l’unità fondamentale della società. Al fine di evitare l’ulteriore
sfruttamento dei bambini e di proteggerli in modo adeguato, occorre compiere
uno sforzo aggiuntivo per facilitare il ricongiungimento dei minori con le
rispettive famiglie.
Signor
Presidente,
I
diritti a un’identità legale, a un’educazione adeguata e alla famiglia sono
elementi chiave e requisiti specifici in un sistema comprensivo di protezione
dell’infanzia. Tali misure esigono la stretta collaborazione di tutte le parti
interessate. L’accesso a una buona educazione e a un’assistenza psico-sociale,
come anche ad altri servizi fondamentali, è estremamente importante. Tuttavia,
i bambini non possono beneficiare di tali servizi a meno che non vengano
registrati alla nascita e che le loro famiglie e comunità vengano aiutate a
proteggerli meglio. Se la violenza non finisce e non si riprende il ritmo
normale dell’educazione e dello sviluppo, questi bambini rischiano di diventare
una generazione perduta.
La
pace in Siria e in Medio Oriente è la priorità per una sana crescita di tutti i
bambini. Con convinzione, durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa Papa
Francesco ha affermato: «Cessino le violenze e venga rispettato il diritto
umanitario, garantendo la necessaria assistenza alla popolazione sofferente! Si
abbandoni da parte di tutti la pretesa di lasciare alle armi la soluzione dei
problemi e si ritorni alla via del negoziato. La soluzione, infatti, può venire
unicamente dal dialogo e dalla moderazione, dalla compassione per chi soffre,
dalla ricerca di una soluzione politica e dal senso di responsabilità verso i
fratelli» (Incontro con i rifugiati e con giovani disabili nella chiesa latina
a Bethany beyond the Jordan, sabato 24 maggio 2014).
Grazie,
Signor Presidente.
VERSO UNO STATO DI POLIZIA
La
nuova legge sulla non punibilità dei reati minori – l’ ambito della norma – verso lo Stato di Polizia -
Da alcuni giorni è
entrata in vigore la legge cosiddetta per la archiviazione per tenuità del
fatto dei reati minori.
Si tratta del decreto
legislativo approvato dal consiglio dei ministri in data 12 marzo 2015 e
successivamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
La legge introduce un
nuovo articolo penale ( 131 cp bis) che stabilisce che nel caso di reati
sanzionati con una pena detentiva fino a cinque anni nel massimo o per reati
punti con mera pena pecuniaria sarà possibile per il pubblico ministero
chiedere l’ archiviazione del procedimento.
Del pari, quando il
processo non si trovi più nella fase delle mere indagini preliminari ma sia già
sfociato davanti ad un giudice, il giudice dovrà pronunciare sentenza di non
luogo
a
procedere
, cioè una sorta di assoluzione processuale dell’ imputato, che non significa
però assoluzione in senso stretto, ma solo la rinuncia dello Stato a procedere
oltre in questi casi.
Vista così, la legge
sembra essere una sorta di indulgenza plenaria per tutta una serie di reati che
non sono poi in astratto neanche tanto lievi, visto che possono essere infitti
fino a cinque anni di carcere….
In realtà le cose non
stanno in questi termini, ma presentano un profilo piuttosto preoccupante.
Preoccupante, ma non nel senso di un lassismo generalizzato e l’ instaurazione
di una sorta di impunibilità generalizzata..
Infatti, non tutti i
reati ricompresi in questa ampia forbice saranno graziati con archiviazione
o sentenza di improcedibilità.
Lo deciderà il Giudice, dice la legge. Infatti, saranno ricompresi nella indulgenza del sistema i reati connotati da tenuità del fatto o tenuità del pericolo cagionato dal reato.
Attenzione, però : a
decidere questi requisiti sarà il giudice, caso per caso e non la legge.
All’ archiviazione
potrà opporsi il Pubblico Ministero o l’ imputato, perché questa forma di
archiviazione/proscioglimento non è una forma di assoluzione, ma pur senza
punire, di fatto è da ritenersi un implicito riconoscimento di responsabilità,
il che ha il suo rilievo in ordine a possibili azioni risarcitorie delle parti
danneggiate che non saranno precluse da questi provvedimenti.
Nulla dice la legge
sulla sorte di queste opposizioni e su altri profili tecnici che saranno ineludibili
al momento del collaudo della legge nei processi reali.
Un primo commento su
questa radicale novità processuale è doveroso.
La legge si presenta
come la risposta sbagliata ad un problema reale : il problema reale è quello
che sovente lo Stato non ha interesse a perseguire fatti di minima entità , che
sono pur sempre reati, come il caso di scuola della mela rubata sul banco della
frutta o dell’ insulto sfuggito di bocca.
Anni e anni di processi per punire col carcere questo genere
di fatti, che comunque alla fine di fatto sono non punibili in forma detentiva per tutta una serie di ragioni tecniche e
giuridiche , rischiano di essere spaventosamente costosi senza neppure avere un effetto deterrente.
La risposta dello Stato
però è sbagliata, perché per risolvere
un problema facilmente risolvibile in altro modo, ne crea altri di
spaventosamente gravi.
La ragione è intuitiva
e deriva dal fatto che il discrimine fra reato punibile e reato non punibile
non viene tracciato dalla legge, ma dall’ umore ( e orientamento politico ) del
giudice…
Con questa legge viene
minato alle basi il principio di eguaglianza fra i cittadini, nonché il
principio di tipicità penale, di legalità, in virtù del quale ogni persona ha
il diritto di sapere in anticipo se la sua condotta futura sarà punibile o
meno. Una legge dai forti connotati di anticostituzionalità.
Nell’ ambito dei reati
ricompresi nella forbice legislativa,
non sarà più la legge a stabilire se una
condotta è punita o no, ma lo sarà il giudice, dopo che i fatti oggetto di processo saranno avvenuti !
E tutto ciò avverrà nella più totale discrezionalità : il giudice, senza il vincolo di una legge, potrà punire o non punire a suo perfetto arbitrio.
Questa legge ci fa fare sì un balzo.... ma all' indietro nel tempo : cancellati secoli di evoluzione giuridica verso principi di legalità, ci riporta di colpo al medioevo del diritto : in fondo, seguendo la logica perversa sottesa a questa legge, l' intiero codice penale si potrebbe, alla fine, riassumere in un solo " articolo unico" all' incirca così : " tutto quello che il giudice decide vada punito, è reato. Il resto è ammesso".
Tutto ciò porterà ad
una ricaduta totalitaria nella società, ad un sottile instaurarsi di uno Stato
di Polizia e non di legalità : a parità di reati, ci saranno imputati che
verranno condannati perché ostili all’ establishment politico – lobbistico che
si nasconde dietro le toghe dei giudici e imputati, invece, che non saranno
puniti perché, viceversa, non sgraditi a questo establishment.
L’ immoralità di
comportamento , il servilismo verso l’ autorità giudiziaria , l’ indecenza, le chiamate di correità fasulle , il politicamente
corretto saranno i criteri in virtù
dei quali i giudici alzeranno i pollici o li
gireranno verso il basso. Proprio come nel Colosseo della Roma decadente
: morituri te salutant…
E’ così difficile
ipotizzare cosa accadrà ? Un Italiano insulta un rom
: condannato. Un negro insulta un Italiano
: assolto. Un Italiano ruba in un
supermercato : condannato. Se il furto lo fa invece un albanese che
dice di morire di fame ed essere profugo balcanico : assolto.
Un negoziante prende a calci un
rapinatore ? Condannato. Un no global
tira un sanpietrino ad un poliziotto ? Assolto.
Non è demagogia ipotizzare uno scenario del genere, in parte già lo
sperimentiamo… E disuguaglianze di questo
e di ogni tipo andranno moltiplicandosi….
L' attenzione punitiva andrà quindi spostandosi dalla valutazione del fatto, eguale per tutti i cittadini che l' abbiano compiuto, per portarsi alla valutazione del soggetto che abbia compiuto il fatto . se è un soggetto gradito all' establishment sarà assolto, se sgradito o di notori sentimenti antigovernativi , sarà condannato.
La deriva totalitaria è evidente. Tutti i processi ricompresi nella forbice legislativa diventeranno processi politici, in cui il discrimine per l' indulgenza sarà l' adesione o no dell' imputato al blocco sociale su cui si sostiene l' attività istituzionale e governativa.
Che questo sia l' esito finale di questa legge è evidente , considerando anche il basso tasso di compatibilità della magistratura italiana con i principi di legalità.
Già alle prime applicazioni della legge abbiamo assistito alla discriminazione verso soggetti politicamente esposti su posizioni antigovernative : si veda il caso di pochi giorni fa in cui a un indipendentista triestino è stata negata l' assoluzione in oggetto, in un processo di bassissimo rilievo penale, dove è prevista al massimo la sola multa di poche centinaia di euro :
L' attenzione punitiva andrà quindi spostandosi dalla valutazione del fatto, eguale per tutti i cittadini che l' abbiano compiuto, per portarsi alla valutazione del soggetto che abbia compiuto il fatto . se è un soggetto gradito all' establishment sarà assolto, se sgradito o di notori sentimenti antigovernativi , sarà condannato.
La deriva totalitaria è evidente. Tutti i processi ricompresi nella forbice legislativa diventeranno processi politici, in cui il discrimine per l' indulgenza sarà l' adesione o no dell' imputato al blocco sociale su cui si sostiene l' attività istituzionale e governativa.
Che questo sia l' esito finale di questa legge è evidente , considerando anche il basso tasso di compatibilità della magistratura italiana con i principi di legalità.
Già alle prime applicazioni della legge abbiamo assistito alla discriminazione verso soggetti politicamente esposti su posizioni antigovernative : si veda il caso di pochi giorni fa in cui a un indipendentista triestino è stata negata l' assoluzione in oggetto, in un processo di bassissimo rilievo penale, dove è prevista al massimo la sola multa di poche centinaia di euro :
La magistratura si
avvia quindi ad avere una nuova, potente arma per il controllo sociale e politico , da offrire ai poteri
forti o a chi, di volta in volta, saprà pagare
meglio il giudice : non nascondiamoci dietro un dito : la magistratura italiana
è estremamente corrotta e questo genere di leggi finiranno con il moltiplicare malagiustizia,
corruzione giudiziaria, disparità di trattamento, odio sociale.
Dietro quindi una
apparente veste di indulgenza lassista, si nasconde invece l’ artiglio di una
dittatura giudiziaria prossima ventura. Come se non bastasse già quella che
sperimentiamo ogni giorno.
Avvocato Edoardo
Longo
338.1637425
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