MUSSOLINI FU COMPLICE DI HITLER (NEL SUPPOSTO) STERMINIO DEGLI EBREI?
(Con intervento su articolo del Prof. Francesco Perfetti)
di Filippo Giannini
Ho ricevuto una telefonata da un mio caro amico che indicherò con le sue
iniziali, E.S.. Al telefono era un “tantinello” incazzato avendo letto un
articolo su “Il Corriere della Sera”,
articolo a firma di Roberto Marabini. E.S. mi ha inviato in seguito l’articolo
in oggetto. Il titolo del pezzo è: “I vicini scomodi – essere ebrei nel 1937”.
Tratta di <una famiglia che, “negli
anni bui” del fascismo (proprio così ha scritto Marabini) aveva due peccati originali: possedere una
villetta a Riccione, vicino alla villa
del Duce, ed essere ebrea (…)>. E giù
una serie di contumelie contro il Duce, colpevole, secondo l’Autore, dello
sterminio degli ebrei sterminio iniziato, sempre secondo il Signor Marabini,
nel 1937. Solo questa data indicata dall’Autore ci fornisce il grado di
ignoranza dello stesso. Infatti se avesse studiato la storia dovrebbe sapere
che le leggi sulla razza furono varate nel 1938.
Per iniziare riporto “una lettera ricevuta dall’al di là” da il gatto:
Salve, cari posteri,
il mio nome è Joseph
Iugasvili Stalin, certamente mi conoscete o per lo meno avete sentito parlare
di me, più di qualche volta …
Ho chiesto il permesso
a Dio per scrivervi questa lettera, vi scrivo, dove mi trovo poco vi interessa.
Può interessarvi dove si trova il vostro statista Benito Mussolini, che nella
Storia è ricordato come “Il Duce”, ve lo dico, anche se non dovrei; si trova,
bontà del nostro sommo Dante Alighieri (nostro, perché la Poesia, quella vera,
seria, appartiene a tutto il mondo) nel Purgatorio, girone dei c … ni!
Eh sì, perché tale
luogo meritava.
Come potremmo
definire un uomo che in vita ha protetto i suoi avversari mantenendoli con un
sussidio all’estero, e poi tutti hanno affermato che erano in esilio, come
chiamereste voi un uomo che ha salvato dalla fucilazione da parte dei Tedeschi
gente che si professava sua nemica, e lo ha fatto in nome della vecchia amicizia
che nutriva per loro; come giudicate oggi il fatto che oggi a quest’uomo
attribuiscono la responsabilità delle leggi razziali, quando proprio lui ne ha
salvati tanti di quelli!!! (…).
Per confutare, ancora una volta, le malignità scritte su questo
argomento dai vari Marabini, mi rifaccio ad un mio precedente articolo, che
riporto qui di seguito. E qualcuno mi smentisca.
********
Nel contempo ho ricevuto dal
Signor X una mail che riporto di seguito.
<Caro Giannini, grazie per il
suo impegno a ristabilire una verità storica tanto orrenda che pochi hanno il
coraggio di approfondire. Grazie per il suo appassionato e ingrato lavoro, ma
nulla fra le innumerevoli stragi precedenti (Caino in un solo colpo, uccidendo
Abele, sterminò un quarto dell’umanità dell’epoca) e per citarne qualcuna sotto l’imp. Tito nel ’70 d.c. furono
eliminati 600 mila dei 900 mila ebrei di Palestina…
Quanto tempo avrebbe impiegato
l’apparato di Himmler a scoprire che la mia bisnonna era ebrea e quindi io, con
la mia famiglia, essere destinato ai campi di concentramento ed ai forni
crematori? Il fatto di non essere ariano – e neppure Himmler lo era –
giustifica tanto orribile accanimento? Se Tamerlano, per fare un solo esempio,
ha passato a fil di spada 18 milioni di persone in dieci anni, anche se erano
suoi nemici irriducibili, si giustifica per questo? Un conto, caro Giannini, è
essere storico e un altro essere politico. Cerchi, se possibile, di rimanere
imparziale. Nel nome della verità storica. Grazie. XX>
Forse mi sbaglio, ma se ho ben capito, il Signor X vorrebbe che i miei
scritti convalidassero quanto la “vulgata
resistenziale” da oltre sette decenni va sostenendo, e cioè che <Mussolini faceva parte della macchina della
soluzione finale>. Se questo è quanto il Signor X pretende, mi
obbligherebbe a scrivere non solo una falsità, ma addirittura una cosa
esattamente contraria alla verità.
Per una volta sola mi voglio avvalere del giudizio di una personalità
dichiaratamente fascista, Giorgio Pisanò. Questi nel suo libro “Noi fascisti e gli Ebrei” ha scritto:
<Si giunse così al 1939, vale a dire
allo scoppio della guerra e fu allora che, all’insaputa di tutti, Mussolini
diede inizio a quella grandiosa manovra, tuttora sconosciuta o faziosamente
negata anche da molti di coloro che invece ne sono perfettamente a conoscenza,
tendente a salvare la vita di quegli ebrei che lo sviluppo degli avvenimenti
bellici aveva portato sotto il controllo
delle forze armate tedesche>. Giorgio Pisanò: un pazzo? un mentitore fascista? No, Signor X, Giorgio Pisanò
ha scritto il vero: non Hitler (è ovvio), né Stalin (per lo stesso motivo, è
altrettanto ovvio), non Roosevelt, né Churchill, né Pétain, nessuno di questi
ultimi, pur avendo le possibilità di farlo, si adoperarono per mettere in salvo
gli ebrei: solo Mussolini lo fece, è assurdo sostenere questa tesi? Allora
leggete e, ripeto: smentitemi.
Chi scrive queste note ha un difetto:
prima di scrivere si documenta e solo su documenti scrive.
Nel mio libro sull’argomento “Gli
Ebrei nel Ventennio Fascista” riporto una frase dello storico israeliano
Léon Poliakov, autore de “Il nazismo e lo
sterminio degli ebrei”. Se il Signor X andasse a
pag. 219-220, potrebbe leggere: <Mentre
in generale i governi filofascisti dell’Europa asservita non opponevano che
fiacca resistenza all’attuazione di una sistematica deportazione, i capi del
fascismo italiani manifestarono in questo campo un atteggiamento ben diverso.
Ovunque penetrassero le truppe italiane, uno schermo protettore si levava di
fronte agli ebrei (…). Un aperto conflitto si determinò tra Roma e Berlino a
proposito del problema ebraico (…). Appena giunte sul luogo di loro
giurisdizione, le autorità italiane annullavano le disposizioni decretate
contro gli ebrei>.
Prima di
addentarci nell’argomento è bene ricordare che i calunniatori di Mussolini e
dei suoi, per rendere le accuse più plausibili hanno coniato il sostantivo “nazifascista”, termine dispregiativo
tendente ad accomunare in un’unica responsabilità fascismo e nazismo nelle atrocità
commesse da quest’ultimo, sia che esse fossero reali, esagerate o immaginarie.
Le diversità dottrinali fra fascismo e
nazionalsocialismo sono state evidenziate da diversi studiosi e tra questi
Renzo De Felice: <Fra fascismo
italiano e nazismo tedesco ci sono semmai più punti di divergenza che di
convergenza, più differenze che somiglianze> (“Intervista sul fascismo”, pag. 88). Se questo è vero e se è vero
che la spina dorsale della dottrina nazionalsocialista era costituita dal principio
della superiorità della razza, anche biologica e dall’antisemitismo, il Signor
X mi potrebbe chiedere: perché, allora, le “leggi
razziali” del 1938? Per dare una risposta a questo interrogativo dovremmo
riportarci alla situazione politica internazionale degli anni ’30, il che ci
condurrebbe troppo lontano. Accontentiamoci, al momento, di citare di nuovo De
Felice (ibidem, pagg. 101-102): <Il fascismo fece propria la dottrina
razziale più per opportunità politica – evitare una difformità così stridente
all’interno dell’Asse – che interna necessità della sua ideologia e della sua
vita politica>. Oppure, sempre dello stesso autore: <Una volta che Mussolini fu gettato nelle
braccia (attenzione alle parole, nda) della Germania di Hitler, era impensabile
che anche l’Italia non avesse le sue leggi razziali>.
Trattare l’argomento “fascismo-ebrei”
è stato (e lo è tuttora) come accendere un fiammifero in una polveriera. La
verità è che anche intorno a quei drammi è stata costruita una cortina di
falsità i cui scopi sono facilmente intuibili, per chi vuol capire.
Mordekay Poldiel (storico ebreo) ha scritto: <L’Amministrazione fascista e quella politica, quella militare e quella
civile, si diedero da fare in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in
modo che quelle leggi rimanessero lettera morta>.
Nel 1934, in occasione dell’incontro con Weizmann, Mussolini concesse
tremila visti a tecnici e scienziati ebrei che desideravano stabilirsi in
Italia. Nel 1938 (!) vennero aperte alcune aziende di addestramento agricolo, le
“haksharoth” (tecniche poi trasferite
in Israele) che entrarono in funzione ad Airuno (Como), Alano (Belluno),
Orciano (Pisa) e Cavoli (Sardegna). Così, sempre in quegli anni la scuola
marinara di Civitavecchia ospitò una cinquantina di allievi ebrei che
diverranno poi i futuri ufficiali della Marina da guerra israeliana.
Il Signor X ha mai sentito parlare della Delasem e delle sue funzioni?
Dato, e ne sono certo, che pochi conoscono questo “miracolo all’italiana”, proverò a tracciarne le linee principali e
i suoi scopi, avvalendomi dello scritto della storica ebrea Rosa Paini (“I sentieri della speranza”, pag. 28):
<Era la fine del 1939 (quindi la
Germania aveva già invaso la Polonia e l’Italia
era alleata del Terzo Reich, nda) e
nasceva in Italia la Delegazione Assistenza Emigrati (DELASEM),
un’organizzazione ebraica che avrebbe salvato migliaia di israeliti profughi
dai Paesi dell’Est europeo e, in particolare, dalla Germania e dai territori
che i nazisti andavano occupando>.
Una domanda pongo al Signor X: perché gli ebrei che fuggivano dai
territori occupati dai tedeschi anziché rifugiarsi nei Paesi democratici, a migliaia venivano in Italia, dove, ripeto,
erano in vigore le leggi razziali? Erano tutti poveri bischeri? Oppure…?
Osserva Daniele Vicini (“L’Indipendente”
del 26 luglio 1993): <Meno
schizzinosa, l’Italia accoglie tutti, dall’operaio comunista…Ebrei e comunisti
sciamano verso il Brennero, frontiera che possono varcare senza visto a
differenza di altre (americana, sovietica, ecc.) apparentemente più congeniali
alle loro esigenze>. E di seguito il giornalista elenca una lunghissima
sequenza di nomi. Conoscendo i fatti e quindi la storia, quella vera (non
quella propinataci da sette decenni), la risposta è semplice: i Paesi democratici respingevano i
fuggiaschi, Roosevelt fece intervenire la Usa
Navy per impedire con la forza l’approdo alle coste statunitensi di
piroscafi carichi di ebrei: ebrei che, come ha scritto il giornalista Franco
Monaco <vennero accolti in Italia
(…)>. A Solina, nel Mar Nero salì a bordo di un piroscafo il Console
britannico informando gli infelici che il suo governo li considerava immigrati
illegali: se si fossero avvicinati alle coste della Palestina sarebbero stati
silurati. In Francia, nel settembre 1940, nel solo Dipartimento della Senna, la
Sureté consegnò ai tedeschi lo
schedario di circa 150 mila ebrei (François Feijto, da “Un’intervista allo storico Serge”). Sempre in Francia 4.500
gendarmi furono sguinzagliati alla caccia dell’ebreo: 12.884 persone vennero
catturate, delle quali 5.802 donne e 4051 bambini; tutti consegnati ai
tedeschi. Tutto ciò (e tanto, tanto altro ancora) fa concludere a Daniele
Vicini: <Strana dittatura quella
fascista. Strana democrazia quella americana>.
Voglio anche ricordare, in queste succinte
note, un esempio di come sia stata condotta la storia nell’interminabile dopoguerra.
Nel gennaio 1998 il giornalista della televisione italiana Paolo Frajese,
conduttore di un servizio sulla vita degli ebrei nelle zone occupate dalle truppe
italiane durante l’ultimo conflitto, ricordando il “Nulla Osta” concesso da Mussolini alla richiesta di Ribbentrop e
commentando il fatto, con voce di rimprovero e condanna, disse all’incirca.
<Così il Duce dette l’ordine di
consegnare gli ebrei ai nazisti>. Frajese, evidentemente per rimanere
entro i limiti del politicamente corretto,
trascurò un piccolo particolare,
ricordato da De Felice e da altri studiosi seri con queste parole: <Ma subito dopo il Duce – parlando con il
generale Robotti – confessò il suo disappunto: “E’ stato a Roma per tre giorni
e mi ha tediato in tutti i modi il Ministro Ribbentrop che vuole a tutti i
costi la consegna degli ebrei jugoslavi. Ho tergiversato, ma poiché non si
decideva ad andarsene, per levarmelo davanti, ho dovuto acconsentire. Ma voi
inventate tutte le scuse che volete per non consegnare neppure un ebreo”> (Renzo
De Felice, “Rosso e Nero”, pag. 160-161).
Così fu. sino a quando Mussolini rimase Capo del Governo non un ebreo fu
consegnato ai tedeschi, né agli ustascia.
E’ opportuno ricordare che in Italia, sino all’8 settembre 1943, giorno
dell’annuncio della capitolazione, non esistevano campi di concentramento per
ebrei, ma campi di internamento per cittadini appartenenti a quei Paesi con i
quali l’Italia era in guerra. Uno di questi campi, forse il più noto, era
quello di Ferramenti: qui fu internato il dottor Salim Diamand, ebreo, autore
del libro “Internment in Italy
(1940-1945), nel quale è scritto: <Non
ho mai trovato segni di razzismo in Italia (…). Nel campo controllato dai
Carabinieri e dalle Camicie Nere (!) gli ebrei stavano come a casa loro>.
Il dottor Diamand attesta che il Governo
fascista concedeva 8 lire al giorno agli internati i quali potevano spenderle
come desideravano.
C’è un altro grande storico, sempre israeliano, George L. Mosse
dell’Università ebraica di Gerusalemme, che conferma quanto sostenuto da
Giorgio Pisanò e, modestamente dal sottoscritto; infatti a pag. 245 del suo
libro “Il Razzismo in Europa” si
legge: < Come abbiamo già detto, era
stato Mussolini stesso a enunciare il principio: discriminare non perseguire.
Tuttavia l’esercito italiano si spinse anche più in là, indubbiamente con il
tacito consenso di Mussolini>.
Ma la storia riguardante il binomio Ebrei-Fascismo è ben più ricca di
quanto, per motivi di spazio, sono costretto qui ad esporre. Desidero,
comunque, terminare con una domanda che il Signor X mi potrebbe porre. <E allora i mille e più ebrei razziati dai
tedeschi nel ghetto di Roma?>. Non si possono ricordare solo quelli
razziati nel Ghetto di Roma, ma anche quelli residenti nei territori occupati
dalle nostre truppe, cioè quelli che, grazie
alla caduta del Governo Mussolini vennero catturati dai tedeschi, e furono
decine di migliaia. Signor X, guardi la data: 16 ottobre 1943. E indovini chi
trovarono le SS a difendere gli ebrei del Ghetto? Non gli eroici partigiani, ma un fascista, in camicia Nera, Ferdinando
Natoni, che con energia pretese la liberazione, poi ottenuta, di alcuni ebrei e
fece passare per sue figlie due ragazze ebree, Mirella e Marina Limentani.
Se tutto ciò è vero, non è azzardato sostenere che gli ebrei, sino a
quei giorni tenuti dietro “Lo schermo
protettore”, furono poi consegnati allo sterminio dall’ignominia del primo
Governo antifascista?
Perché questo morto che non vuol morire viene ucciso mille volte al
giorno tutti i giorni? Lo lasciò scritto lui stesso: <Perché le nostre idee
hanno spaventato tutto il mondo>. Ovviamente si riferiva al mondo della
grande Finanza e del grande Capitale: quelli, cioè che ci costrinsero alla
guerra per poter abbattere quelle “idee”
che si stavano espandendo in tutto il mondo e che, di conseguenza, avrebbero messo
in dubbio lo status quo instaurato
dai padroni delle casseforti mondiali.
Mi creda, Signor X, le traversie di Sua bisnonna addolorano tutte le
persone civili, ma non per questo si debbono addossare le colpe ad un uomo che
fece l’impossibile per evitargliele.
P.S.
Mussolini aveva una notevole
considerazione degli ebrei (come è noto), e da questi era ampiamente ripagato,
tanto che la stragrande maggioranza degli ebrei italiani era di fede fascista.
Fra l’altro aveva loro concesso, con le leggi del 1930 e 1931, riconoscimenti
unici al mondo. E allora, perché le
leggi razziali? Ne La Seconda Guerra
Mondiale di Winston Churchill, Vol. 2°, pag. 209, si legge: <Adesso che la politica inglese aveva forzato
Mussolini a schierarsi dall’altra
parte, la Germania non era più sola>. Più o meno con le stesse parole lo
storico inglese George Trevelyan condanna la politica inglese nei confronti di
Mussolini. Il sopra citato Franco Monaco ha scritto: <Le leggi razziali del 1938 furono, comunque una conseguenza diretta ed
esclusiva del nefasto Asse Roma-Berlino di cui eravamo stati costretti a
gravarci come di una croce>. L’“aver
forzato”, l’essere “stati costretti”
sono affermazioni che convalidano, a loro volta, quanto già sopra esposto da
Renzo De Felice. E, del resto, il giornalista svizzero Paul Gentizon nel 1945
scrisse: <Solo Mussolini si levò non
soltanto a parole ma a fatti contro Hitler, il nazionalsocialismo, il
pangermanesimo. Se le democrazie occidentali lo avessero ascoltato, il destino
del mondo sarebbe stato ben differente>. Ma le democrazie occidentali non vollero ascoltarlo, non potevano!
Per terminare: il mio amico E.S.
ha sccompagnato l’articolo di Roberto Marabini con una lettera dalla quale
estrapolo la parte finale: <Come
d’accordo ti invio il pezzo di giornale ritagliato dalla pagina 8 del Corriere
della Sera. Come anche tu sai, te lo dico da testimone 82enne che abitava in
piazza Risorgimento, dove negli anni 42/43 fino e oltre l’8 settembre, tutti
gli ebrei che avevano negozi in Via Ottaviano, Via Cola di Rienzo e dintorni
erano tranquillamente attivi, i Calò, i Sabatello, i Piattelli ed altri, con
figli che andavano a scuola regolarmente (…)>. A questa testimonianza
dell’amico E.S. faccio seguito ad una mia personale: negli anni indicati da
E.S. (42/43), abitavo a Via Po a Roma e posso testimoniare che gli ebrei che
avevano un’attività commerciale in quella località non hanno mai subito molestie
si sorta. I loro nomi? Piperno, Astrologo, Ginori, ma ce ne erano altri di cui ora
non ricordo i nomi.
Tutto questo perché? È necessario infangare ogni giorno la memoria di quell’uomo
perché le sue idee sarebbero ancora applicabili tuttora. Ma se ciò avvenisse
tanti manigoldi che oggi siedono su poltrone
dorate, sarebbero costretti a lasciarle.
Mi sono spiegato Signor Marabini?
FILIPPO GIANNINI
Nessun commento:
Posta un commento