sabato 28 luglio 2018

I NOSTRI EROI DI FIRENZE

I franchi tiratori, dimostrarono che la città di Pavolini, il capoluogo di quel Granducato di Toscana, come sarebbe stata definita la RSI per la grande partecipazione che la regione di Dante diede alla Repubblica non sarebbe caduta senza colpo ferire. Centinaia di fiorentini di ambo i sessi e di tutte le età spararono dalle finestre, dai tetti, dagli angoli delle strade, inchiodando al suolo il nemico e le bande partigiane al suo seguito. Non avevano alcuna speranza di sopravvivenza perché, una volta presi, sarebbero stati fucilati. Gli ultimi soldati ad abbandonare il capoluogo toscano provarono a convincere i franchi tiratori più vicini a mettersi in salvo con loro. “La consegna – risposero – è quella di morire sul posto”. E così fecero.



“Firenze è la più bella città della Penisola perché lì
 gli italiani ci accolsero sparandoci dai tetti.” 
Generale Harold Alexander, comandante 
supremo delle forze alleate del Mediterraneo

Subito dopo l’ 8 Settembre a Firenze i fascisti costituirono la prima Squadra d’azione cittadina e riaprirono la Federazione “...furono i primi otto uomini delle squadre, veterani di tute le battaglie della Patria a formare il primo nucleo del battaglione volontari...si fecero notare per la prima volta la sera del 13 settembre, quando saputo ...che Mussolini era stato liberato...essi vollero annunciarlo per primi ai fiorentini, percorrendo la città su di una autocarro con altoparlante” Un particolare “campanilistico” e curioso: a formare questo primo Battaglione volontari (che si chiamerà “Ettore Muti”) saranno in buona parte: “..ragazzi di Bari che, fuggiti davanti all’avanzata inglese, hanno preferito abbandonare le loro famiglie anziché subire l’onta di servire il nemico sotto le sue odiate bandiere”
FIRENZE LA SEDE DEL PARTITO FASCISTA REPUBBLICANO
 IN VIA DEI SERVI

"La città italiana che preferisco? Firenze.
 Perché lì gli Italiani ci hanno accolto sparandoci addosso."
( Gen. H. Alexander)

Nel settembre 1943  non solo a Firenze i franchi tiratori Fascisti opposero una strenua resistenza alle forze angloamericane e a quelle partigiane.
Ricordiamo Napoli, Firenze, Forlì, Ravenna ,Torino, Reggio Emilia, Parma, Piacenza , Milano e Genova. Tra  i franchi tiratori fascisti si schierarono anche numerose  donne.

La meno nota " resistenza fascista " del Sud
Dal 28 settembre a Napoli ci furono dei franchi tiratori che si opposero all’invasione, ingaggiando vere e proprie battaglie. Molti di loro furono catturati e subito uccisi, altri dopo una strenua resistenza, si uccisero. Altri riuscirono a ritirarsi a nord e si arruolarono nelle Forze Armate della R.S.I..  Ci furono scontri al Museo, a Porta Capuana, a Piazza Mazzini, nelle vie del centro e anche in periferia; In via Toledo dalla terrazza della Rinascente un Fascista Isolato sparò con una mitragliatrice, accerchiato quando stava per essere preso, si precipitò con l'arma da una finestra. In via Duomo un Capitano della Milizia si asserragliò e combatté strenuamente; quando gli insorti lo raggiunsero, si uccise. In Piazza Marinelli un Fascista sparò e tirò bombe, ma venne preso e fucilato. In Piazza Mazzini quattro giovanissimi tiratori fascisti, armati solo di moschetto e presi di mira dai partigiani, rifiutarono di salire su un camion tedeschi in ritirata affermando di voler opporre l'ultima resistenza, (vennero ricordati come i " Kamikaze in Camicia Nera "),di loro non si seppe più nulla! La caccia al fascista da parte dei partigiani si protrasse ferocemente fino all'arrivo degli anglo-americani ed anche oltre.

A  Parma il 26 aprile del ’45 : qui, a sparare contro i “liberatori” non sono né i franchi tiratori italiani, né i cecchini tedeschi, ma combattenti francesi, con le proprie famiglie. Sono i militi della Brigata Nera “Nizza”, composta da francesi ed accasermata in una scuola della strada al ponte Capraruzza. È certamente l’ultima raffica in Italia del patriottismo francese contro gli anglo-americani”

(in: Luca Tadolini, “I franchi tiratori di Mussolini”, All’insegna del Veltro 1998)


A Firenze, contro i franchi tiratori....si tirava a cannonate
(foto da Storia & Battaglie nr. 94, settembre 2009)

TRECENTO FRANCHI TIRATORI FASCISTI, ARROCCATI SU QUATTRO SUCCESSIVE LINEE DIFENSIVE, BLOCCANO L' AVANZATA NEMICA SU FIRENZE E RITARDANO DI DUE SETTIMANE LA TOTALE OCCUPAZIONE DEL CAPOLUOGO TOSCANO RESTANDO QUASI TUTTI UCCISI

L'11 agosto 1944 Firenze venne occupata dall'invasore angloamericano perché era stata sguarnita dai nostri soldati che si stavano attestando su di una linea di fronte più a settentrione. Ma vi si resistette con caparbietà, con audacia e con onore. I franchi tiratori, immortalati anche grazie a La pelle di Curzio Malaparte, dimostrarono che la città di Pavolini, il capoluogo di quel Granducato di Toscana, come sarebbe stata definita la RSI per la grande partecipazione che la regione di Dante diede alla Repubblica, non sarebbe caduta senza colpo ferire. Centinaia di fiorentini di ambo i sessi e di tutte le età spararono dalle finestre, dai tetti, dagli angoli delle strade, inchiodando al suolo il nemico e le bande partigiane al suo seguito. Non avevano alcuna speranza di sopravvivenza perché, una volta presi, sarebbero stati fucilati. Gli ultimi soldati ad abbandonare il capoluogo toscano provarono a convincere i franchi tiratori più vicini a mettersi in salvo con loro. “La consegna – risposero – è quella di morire sul posto”. E così fecero. 
Apprendiamo con gioia che i camerati fiorentini hanno reso onore a questi eroi e che oggi stesso sarannno deposti fiori sulle loro tombe. 
I figli e i nipoti della vergogna sono invece insorti perché non vorrebbero affatto che quel fulgido esempio venisse ricordato: la grandezza è mal sopportata, e con astio, dai piccoli e dai mediocri. 
Il generale Alexander già a suo tempo aveva risposto in modo più che esauriente a questi infelici. “La città italiana che preferisco? Firenze. Perché lì gli italiani ci hanno accolti sparandoci addosso”. 



TIRATORI, NON SOLO “FRANCHI”
Tra i franchi tiratori che, nelle città del Nord abbandonate da Tedeschi e fascisti, continuano la battaglia per ostacolare l’ingresso di Alleati e partigiani, vi sonoaanche parecchie donne….la Reuter parlerà di 25 ragazze catturate nella sola Firenze, a Milano, in via Gibson del Maino viene giustiziato un commando formato da tre donne, che hanno fatto parecchi danni alle avanguardie scese dalle montagne, casi isolati si hanno a Parma, Piacenza, Torino e altrove
Uno degli episodi più singolari è quello registrato a Firenze:
“Sempre in borgo degli Albizi, all’ultimo piano di uno stabile, a sparare come franco tiratore è una donna. I partigiani non riescono ad individuarla: quando perquisiscono l’edificio, la donna ripone il fucile su una trave del soffitto, prende in braccio il suo bambino e apre la porta del misero locale ai militi avversari. Così per tre volte, finchè un partigiano non rimane nascosto dentro la casa , scoprendo che i colpi partono dai locali della donna
Catturata, verrà fucilata in strada, poco lontano”

(Testimonianza in: Luca Tadolini, “I franchi tiratori di Mussolini”, All’insegna del Veltro 1998)

Giovani che si opposero dai tetti della città all’avanzata delle truppe Alleate e che avevano aderito alla RSI solo per una questione ideale e per salvaguardare l’onore dell’Italia già gravemente macchiato dall’onta dell’8 settembre 1943. Una scelta disinteressata, spesso presa nella consapevolezza che avrebbe significato morte certa, a guerra ormai irrimediabilmente compromessa. Una scelta coraggiosa che dall’altra parte della Linea Gotica avevano fatto soltanto quegli antifascisti della prim’ora, che avevano scelto di opporsi al Regime Fascista nel momento di suo massimo splendore ed ai quali si aggiunse poi un’ondata di antifascisti dell’ultim’ora a cose ormai fatte, composta per lo più da persone che, magari, fino al 24 luglio 1943 salutavano festanti ed a braccia tese nel corso delle adunate fasciste.
I giovani fascisti giustiziati davanti alla Chiesa di Santa Maria Novella ebbero il compito di bloccare le truppe anglosassoni alle porte della città lasciando il tempo ai reparti della RSI e dell’esercito tedesco di assestarsi sulle colline a nord di Firenze. Un compito ingrato perché era chiaro che nessuno di loro avrebbe avuto via di fuga. Un sacrificio che se non fosse stato per Curzio Malaparte sarebbe totalmente passato inosservato e che, comunque, è caduto per decenni nell’oblio che la storia riserva ai vinti. Al di là delle questioni ideologiche e di parte abbiamo ritenuto che sia un dovere mantenere la memoria di persone capaci di sacrificare la propria vita per un ideale che ritenevano giusto e per l’onore della propria Nazione.
I FORI DEI PROIETTILI SULLA CHIESA DI SANTA MARIA NOVELLA
LUOGO DELLA FUCILAZIONE

L' ARRESTO PRIMA DELLA FUCILAZIONE


SFREGI PARTIGIANI
“siamo i leoni di Mussolini”
Queste le parole che, per sfregio, venivano scritte sui cartelli messi 
al collo dei cadaveri di molti franchi tiratori fiorentini

CADAVERI DI ALCUNI FRANCHI TIRATORI FUCILATI 
SUL SAGRATO DI SANTA MARIA NOVELLA
I FUCILATI DI FIRENZE (da LA PELLE di Curzio Malaparte) 

I ragazzi seduti sui gradini di S. Maria Novella, la piccola folla di curiosi raccolta intorno all’obelisco, l’ufficiale partigiano a cavalcioni dello sgabello ai piedi della scalinata della chiesa, coi gomiti appoggiati sul tavolino di ferro preso a qualche caffè della piazza,la squadra di giovani partigiani della divisione comunista “ Potente “, armati di mitra e allineati sul sagrato davanti ai cadaveri distesi alla rinfusa l’uno sull’altro, parevano dipinti da Masaccio nell’intonaco dell’aria grigia. Illuminati a picco dalla luce di gesso sporco che cadeva dal cielo nuvoloso, tutti tacevano, immoti, il viso rivolto tutti dalla stessa parte. Un filo di sangue colava giù per gli scalini di marmo. 

I fascisti seduti sulla gradinata della chiesa erano ragazzi di quindici o sedici anni, dai capelli liberi sulla fronte alta, gli occhi neri e vivi nel lungo volto pallido. Il più giovane, vestito di una maglia nera e di un paio di calzoni corti, che gli lasciavano nude le gambe dagli stinchi magri, era quasi un bambino. 

C’era anche una ragazza fra loro: giovanissima, nera d’occhi, e dai capelli, sciolti sulle spalle, di quel biondo scuro che s’incontra spesso in Toscana fra le donne del popolo, sedeva col viso riverso, mirando le nuvole d’estate sui tetti di Firenze lustri di pioggia, quel cielo pesante e gessoso, e qua e là screpolato, simile ai cieli del Masaccio negli affreschi del Carmine. 

Quando avemmo udito gli spari, eravamo a metà via della Scala, presso gli Orti Oricellari. Sboccati sulla piazza, eravamo andati a fermarci ai piedi della gradinata di Santa Maria Novella, alle spalle dell’ufficiale partigiano seduto davanti al tavolino di ferro. 

Al cigolio dei freni delle due jeep, l’ufficiale non si mosse, non si voltò. Ma dopo un istante tese il dito verso uno di quei ragazzi, e disse: 

- Tocca a te. Come ti chiami? 

- Oggi tocca a me - disse il ragazzo alzandosi - ma un giorno o l'altro toccherà a lei. 

- Come ti chiami ? 

- Mi chiamo come mi pare... 

- O che gli rispondi a fare a quel muso di bischero, gli disse un suo compagno seduto accanto a lui. 

- Gli rispondo per insegnargli l'educazione, a quel coso - rispose il ragazzo, asciugandosi col dorso della mano la fronte madida di sudore. Era pallido, e gli tremavano le labbra. Ma rideva, con aria spavalda guardando fisso l'ufficiale partigiano. 

A un tratto i ragazzi presero a parlar fra loro ridendo. 

Parlavano con l'accento popolano di San Frediano, di Santa Croce, di Palazzolo. 

L’ufficiale partigiano alzò la testa e disse: 

- Fa presto. Non mi far perdere tempo. Tocca a te. 

- Se gli è per non farle perdere tempo - disse il ragazzo con voce di scherno - mi sbrigo subito - 

E scavalcati i compagni andò a mettersi davanti ai partigiani armati di mitra, accanto al mucchio di cadaveri, proprio in mezzo alla pozza di sangue che si allargava sul pavimento di marmo del sagrato. 

- Bada di non sporcarti le scarpe ! - gli gridò uno dei suoi compagni, e tutti si misero a ridere. 

- Jack e io saltammo giù dalla jeep. 

- Stop! - urlò Jack. 

Ma in quell’istante il ragazzo gridò: - Viva Mussolini ! - e cadde crivellato di colpi .




L’ UCCISIONE DEL  MARESCIALLO LUIGI GALLERANI
“Conviene a questo punto ricordare l’allucinate (ma significativa) disavventura del maresciallo Luigi Gallerani che proprio l’11 agosto (del 1944, è il giorno convenzionalmente indicato come quello della “liberazione” di Firenze), al seguito delle truppe alleate, rientra a Firenze, e raggiunge casa sua in Borgognissanti, strada ben presidiata dai franchi tiratori; si affaccia alla finestra, forse per rendersi conto della situazione, e viene notato da un picchetto di partigiani a caccia di “cecchini”, che lo invitano a scendere in strada. Appena fuori dal portone, un gruppetto di persone inferocite assale il malcapitato e, senza ascoltare le sue rimostranze, lo trascina di peso nella vicina via Orti Oricellari. Qui vien prelevato da altri “patrioti”, che lo mettono immediatamente al muro, e lo uccidono con una raffica di mitra.
Il figlio, partigiano, e la vedova, dopo qualche giorno pretendono che venga aperta un’inchiesta….. (che rimarrà senza esito ndr)
(Gigi Salvagnini, L’ultima guerra civile, Firenze e la RSI, Bagno a Ripoli 2004)


LE RAGAZZE E LE BOMBE A MANO….
“Sono gli ultimi giorni del mese di giugno 1944. Un giovane fiorentino, appartenente all’Opera Balilla, dopo essere stato presso dei parenti in via Arnolfo, attraversa l’Arno al Ponte S Nicolò, con l’intenzione di fare una passeggiata
Quando si trova nella zona retrostante il Lungarno Francesco Ferrucci, un milite gli sbarra la strada. Il giovane presenta i suoi documenti di balilla e riesca a proseguire. Dopo pochi passi, assiste ad una scena inconsueta: una ventina di ragazze, al massimo ventenni, con i capelli tagliati corti, come nessuna ragazza porta in quei giorni. vestite in camicia nera, senza distintivi e in pantaloni militari al posto della gonna che rimane d’obbligo pe tutte le donne, anche inquadrate in Reparti militari
Queste strane ragazze si stanno esercitando a tirare bombe a mano Balilla, le tirano due alla volta. Il ragazzo osserva l’inconsueto spettacolo per qualche minuto, poi torna sui suoi passi e si avvia a casa. Tornerà anche il giorno seguente, e la scena si ripeterà: le ragazze coi capelli corti sono sempre allo stesso posto a esercitarsi con le bombe a mano
Sembra proprio che si preparino a combattere”
(Luca Tadolini, “I franchi tiratori di Mussolini”, All’insegna del Veltro 1998)
Il ragazzo è Stelvio Dal Piaz; le giovani che si esercitano sono il primo nucleo delle volontarie che resteranno a Firenze a combattere, dopo la partenza dei tedeschi




11 Agosto 1944, data della liberazione di Firenze. Gli inglesi ed i partigiani del C.T.L.N. entrano vittoriosi nel capoluogo toscano dopo un mese di combattimenti. Combattimenti che Churchill ed i tedeschi avrebbero volentieri evitato, ma che invece vollero ad ogni costo i partigiani. Ma durante la “battaglia di Firenze” emerse un nuovo originale fenomeno, quello dei cosiddetti “franchi tiratori”, per molti organizzati da Alessandro Pavolini in persona, per altri autentico “fenomeno” popolare voluto da quei ragazzi che, impossibilitati ad arruolarsi nelle milizie della RSI per motivi anagrafici (i più avevano tra 14 e 16 anni), scelsero un modo tutto loro per contribuire a difendere la loro Firenze e l’idea sotto la quale erano nati e cresciuti. Che abbiano combattuto dalla parte sbagliata? Può darsi… Ma questo non può servire a definire questi baby-martiri dei “terroristi”, come la storia dei vincitori ha fatto fino ad oggi. Ecco perchè, nella speranza di una sempre più auspicabile pacificazione nazionale, è giusto ricordare anche questi martiri delle guerra più sanguinosa della storia. 
I tedeschi avrebbero voluto dichiarare Firenze “città aperta” e questo andava bene anche al primo ministro britannico Winston Churchill che si era detto pronto a fare di tutto pur di “distruggere Firenze il meno possibile”. La bellezza della nostra città infatti non era seconda neppure alla guerra. Ed anche gli uomini ormai assetati solo di sangue che si trovavano a scrivere il destino delle ultime drammatiche ore della guerra più sanguinosa della storia, non potevano restare immuni di fronte a tanta bellezza. 

Chi avrebbe mai perdonato colui che avesse distrutto la cupola del Brunelleschi? O abbattuto il campanile di Giotto? Chi avrebbe mai avuto pace dopo aver distrutto Ponte Vecchio o Piazza della Signoria? Chi si sarebbe mai fatto perdonare una bomba sopra la Galleria degli Uffizi? Eppure Firenze non fu dichiarata “città aperta”. Il C.T.L.N. (Comitato Toscano di Liberazione Nazionale) aveva definito “Firenze città aperta” una “truffa” tedesca per indebolire lo spirito combattivo dei fiorentini. Infatti il 18 giugno 1944, 46 giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate, il C.T.L.N. aveva già scelto la soluzione dell’insurrezione armata anti-tedesca perchè, come si poteva leggere in un manifesto del 27 luglio 1944: “l’unico modo per impedire o diminuire le stragi e le violenze è quello di combattere i tedeschi”. Lo stesso manifesto, forse in maniera non molto onorevole, suggeriva che: “nelle scale, nelle stanze, nei vicoli, un tedesco si può accoppare in mille modi”. 

E questa decisione del C.T.L.N., che indubbiamente aveva i propri obiettivi (occupare le sedi istituzionali prima degli inglesi), fece sì che anche Firenze vivesse una propria battaglia culminata nella giornata dell’11 agosto quando si stima, caddero quasi 700 fiorentini, tra civili, partigiani e militari. Una tragedia che forse si sarebbe potuta ampiamente evitare. Ma la storia non la si racconta con i “se” e con i “ma” e questo è quanto accadde. 

Ma Firenze in quei giorni si distinse anche per un “fenomeno” assolutamente anomalo ed originale. Mano a mano che i partigiani e le truppe alleate avanzavano nella conquista di Firenze ed i tedeschi si ritiravano verso nord, emerse una nuova forma di “resistenza” tutta fiorentina con la quale partigiani ed alleati dovettero fare i conti. 

Molti ragazzini, di età compresa tra 14 e 18 anni, nati e cresciuti sotto il regime fascista chiesero, venendo rifiutati logicamente, di poter aderire ai reparti militari della RSI per difendere Mussolini fino alla fine. Non ci dimentichiamo che Firenze era la città di Alessandro Pavolini, giovanissimo Podestà prima e Segretario Nazionale del Partito Fascista Repubblicano, nonchè capo delle Brigate Nere, poi, autentico mito per i giovanissimi formatisi nelle scuole fasciste. 

E questi bambini (perchè quello si era a 14 o 15 anni ad inizio secolo) che non poterono seguire Pavolini e Mussolini a Salò decisero di dare il proprio contributo alla causa alla loro maniera ed imbracciato un fucile (spesso recuperato dal cadavere di qualche soldato o di qualche partigiano trovato nelle campagne attorno a Firenze) si assieparono sui tetti dei palazzi di Firenze in attesa che partigiani ed alleati entrassero in città per poi sparargli addosso con l’obiettivo, tanto folle quanto assurdo, di difendere il capoluogo toscano. Furono i cosiddetti “Franchi Tiratori” ai quali lo storico gruppo musicale degli Amici del Vento, a suo tempo, aveva dedicato l’omonima ballata. 

Su questi ragazzi, simili per certi versi agli adolescenti che difesero Berlino nelle drammatiche ore della caduta del Reich, tanto è stato detto e scritto, ma purtroppo quasi sempre con l’occhio dei vincitori. Si è parlato di loro come di “terroristi” o come di assassini. Si è detto che fossero squadracce organizzate da Pavolini in persona ed addestrate ad uccidere da grande distanza. Si è detto addirittura che alcuni di loro fossero provenienti da reparti in rotta di Waffen-SS. Quanto di questo sia vero e quanto frutto di fantasia non si può stabilire. Una cosa è certa, l’età di questi ragazzi e la loro provenienza: tutti o quasi fiorentini, figli del popolo, di età compresa tra 14 e 18 anni, con qualche picco oltre i 20. Quando venivano catturati nessuno mosse loro un dito a pietà. Nessuno si commosse per la giovanissima età. catturati venivano consegnati nelle mani del C.T.L.N. che, etichettandoli appunto come “terroristi” o come “uomini di Pavolini”, non indugiava a passargli per le armi. 

Furono le giornate del 10 agosto e dell’11 agosto le più sanguinose. Decine e decine di giovanissimi incolonnati per le vie di Firenze (qualcuno ebbe a dire che “parevano gite di scolari forestieri venuti a vedere le bellezze di Firenze…”) venivano condotti dai partigiani nei luoghi dove sarebbero poi andate in scena le esecuzioni. Fucilati. Quattordici o trent’anni in quel momento era uguale. L’umana pietà aveva lasciato ormai posto soltanto all’odio e alla sete di vendetta. 

Non ci sentiamo dalla parte dei 200 fascisti uccisi, come non ci sentiamo dalla parte dei 223 partigiani. Vogliamo sentirci solo dalla parte di quegli 809 fiorentini che, fascisti o comunisti, partigiani o civili, in quel tragico mesi di agosto del 1944 trovarono la morte. E ricordando il sacrificio dei cuori più puri, di chi imbracciò un fucile in buona fede, convinto di fare la scelta giusta in nome di quella patria che aveva imparato ad amare fin da piccolo, non vogliamo accentuare le divisioni, ma richiamare ancora una volta a quella pacificazione nazionale che in Italia ancora oggi pare osteggiata da certe fazioni politiche che al dialogo preferiscono l’odio. Non non siamo tra questi. E ci teniamo ancora una volta a sottolinearlo.

I BOMBARDAMENTI ALLEATI NON HANNO NEMMENO PRESO  
NELLA PIU’ LONTANA  CONSIDERAZIONE
L’ IDEA DI CONSIDERARE FIRENZE UNA PURA E SEMPLICE CITTA’ D’ ARTE. 
NELLA FOTO IL CENTRO DI FIRENZE VISTO DA PONTE VECCHIO


4 AGOSTO 1944- PER IMPEDIRE ALLE TRUPPE ALLEATE L' OCCUPAZIONE 
DI FIRENZE VENGONO FATTI SALTARE I PONTI

19 AGOSTO 1944 - PASSERELLA DI FORTUNA SULL' ARNO

13 AGOSTO 1944 - IL CENTRO DI FIRENZE

12 AGOSTO 1944  - PARTIGIANI RISPONDONO AL FUOCO  DEI FRANCHI TIRATORI
ASSERRAGLIATI UN PO' DOVUNQUE IN CITTA'


14 AGOSTO 1944 - PARTIGIANI RASTRELLANO I QUARTIERI DOVE SONO
ASSERRAGLIATI I FRANCHI TIRATORI


12 AGOSTO 1944 -  DUE MOMENTI DELLA LOTTA 
PER SNIDARE I FRANCHI TIRATORI

SETTEMBRE 1944 - LA CACCIA AI FASCISTI : 
LA MOGLIE E LA FIGLIA DI UN FASCISTA
VENGONO CONDOTTE IN GIRO PER LA CITTA'


SETTEMBRE 1944 - PARTIGIANI CHE TRASCINANO 
UNA DONNA SCALZA ACCUSATA DI APPARTENERE AL FASCIO

VALDARNO (FIRENZE) LUGLIO 1944
UNA DONNA ISCRITTA AL PARTITO FASCISTA VIENE 
COSTRETTA DAI PARTIGIANI A CIRCOLARE NUDA PER LE VIE 

Cartolina Forze Armate Repubblicane Federazione Fasci Repubblicani di Firenze

LUGLIO 1944 
PERIODICO DELLA FEDERAZIONE DEI FASCISTI REPUBBLICANI DI FIRENZE
ULTIMO NUMERO DEL SETTIMANALE 
PUBBLICATO DAL SETTEMBRE 1943 AL LUGLIO 1944
SONO RICORDATI I COLLABORATORI DEL GIORNALE CHE DURANTE I DIECI MESI DI USCITA SONO STATI UCCISI DAI PARTIGIANI
Il 29 luglio del ’44, sui muri di Firenze viene affisso l’ultimo numero di “Repubblica”, il giornale della Federazione del PFR. Questo uno stralcio dell’articolo di commiato:
“La nostra posizione di combattenti, perché tali siamo e lo stanno a dimostrare le centinaia di nostri martiri, ci dà il diritto e ci impone il dovere di ripiegare, per non disperdere energie e riservarci per l’ultima battaglia…..
Oltre al nostro saluto, vogliamo rivolgere ai concittadini anche una raccomandazione. Quella di comportarsi con dignità davanti al nemico che invaderà con la sua gente di colore le vie, i giardini, i palazzi e i monumenti della città del giglio
A tutti i fiorentini, di qualunque idea politica, di qualunque ceto ed età, noi chiediamo di mantenere alto il prestigio della stirpe. I cosiddetti nobili non si prostituiscano nei ricevimenti delle autorità di occupazione; la borghesia ed il popolo non si abbassino a mendicare l’aiuto della soldataglia nemica; le nostre donne non cadano in solluchero alla vista dei damerini dell’esercito anglosassone…..
Andandocene abbandoniamo qui le nostre case, qualche nostra famiglia, qualche nostro camerata. E’ un patrimonio di italianità che vogliamo credere sarà rispettato dagli Italiani….”
(in: Gigi Salvagnini, L’ultima guerra civile, Firenze e la RSI, Bagno a Ripoli 2004)