mercoledì 21 marzo 2018

DISOCCUAZIONE, cresce l’allarme nel Nord Est

Disoccupazione, cresce l’allarme nel Nord Est

In una recente nota della Cgia( associazione artigiani e piccole imprese) di Mestre risulta che il 24% dei disoccupati della regione sono stranieri e questo dato pare destinato ad aumentare per effetto della crisi, che non colpisce solo i nostri connazionali, ma anche quelli che, attirati da offerte di lavoro a tasso zero, clandestini e non, si sono tuffati in Italia, scambiandola per un nuovo Eldorado. Le anime belle dell’”immigrazione tout court”, delle “porte aperte”, degli stupidi slogan “nella mia città nessuno è straniero” dovrebbero ora spiegarci cosa succederà nel momento in cui le piccole  e medie aziende dell’area veneta entreranno in crisi ancor più di oggi, come sarà ricollocata questa massa lavoro e a scapito di chi?

Era facile prevedere che prima o poi sarebbe arrivata la resa dei conti dopo anni di propaganda buonista pro immigrazione selvaggia, che ancora oggi conta numerosi paladini tra gli imprenditori, la sinistra, il governo e il clero. A gennaio in Veneto a fronte di 172.188 disoccupati, il 24% ,ossia 41.877 è rappresentato da stranieri, con città capolista Treviso, leghista per eccellenza, con il 32% .ma che evidentemente non disdegna l’extracomunitario quando c’è da abbassare il cosiddetto “costo del lavoro”. Seguono poi a ruota Padova e Vicenza con punte del 27% e Verona  con il 23%.

Per Giuseppe Bortolussi la perdita di posti di lavoro rischia di tramutarsi in una vera “emergenza sociale” e chiede al governo di rivedere, ovviamente in senso filo aziendale la “politica delle quote d’ingresso”, dando certezza di un lavoro a chi entra in Italia. Peccato che il Bortolussi dimentica che ci sono anche i nostri connazionali ,ai quali pochi pensano, stretti dal cappio della flessibilità che si traduce in precariato  e salari da fame. Il rappresentante della Cgia snocciola dati che indicano  che ad assorbire il 70% dei lavoratori stranieri in Veneto, sono le micro imprese, quelle con meno di 10 dipendenti e che non  possono fornire alcun ammortizzatore sociale perché la Cig ordinaria e straordinaria non è prevista per questa tipologia di aziende. Anche qui il governo si dovrebbe impegnare ad estendere la Cig , al fine di evitare, prosegue, Bortolussi il “rischio di clandestinità”. Prima gli imprenditori fanno incetta di mano d’opera a basso costo,preferendola a quella nazionale, ma poi quando le cose vanno male, chiedono aiuto allo Stato ovvero a tutti noi, della serie già vista: gli utili a me e le perdite invece vanno socializzate.





                                                                                                                                                     

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