lunedì 5 giugno 2017

I PRIGIONIERI ITALIANI

Pagine dimenticate
La tragica odissea dei prigionieri di guerra italiani


La guerra, oltre ai lutti e distruzioni, porta sempre con sè anche il dramma dei prigionieri. Nella Seconda Guerra mondiale
questo dramma ha interessato particolarmente le nazioni sconfitte tra le quali l'Italia. Il nostro Paese, condizionato oltre che
dalla sconfitta anche dai nuovi assetti politici creati dai Partiti antifascisti, ha vissuto quel dramma con un certo imbarazzo e
fastidio, confermato anche dalla poca attenzione dedicatagli negli anni dall'ufficialità politica ed istituzionale e dal silenzio
sui libri di testo di Storia delle scuole e non solo.

 Continuiamo quindi a riportare alla memoria collettiva il ricordo della tragica pagina dei
prigionieri di guerra italiani sui vari fronti.


Il dramma
degli Italiani prigionieri
di Americani e Francesi


Come già scritto nelle puntate
precedenti, il grosso dei 621.000
prigionieri Italiani degli Alleati fu
internato dagli Inglesi (circa 400.000),
mentre la quota rimanente di circa

221.000 fu imprigionata dagli
Americani e dei Francesi.
Di questi, quelli catturati dopo lo
sbarco in Sicilia nell'estate del 1943,
circa 116.000, furono in buona parte
rilasciati sulla parola, mentre i
rimanenti 105.000 catturati in Africa
Settentrionale furono internati nei
campi di prigionia negli Usa e nelle
colonie francesi.

mancanza di manodopera dovuta ai
soldati impegnati in guerra e poterono
godere anche di un certo margine di
libertà, questo malgrado l'aperta ostilità
di buona parte della popolazione e dei
sindacati locali che non videro di buon
occhio l'utilizzo di questa manodopera
sottopagata e questa situazione
determinò anche alcuni casi di rivolte e
tumulti.

I secondi, i "non cooperatori",
furono invece inviati nei campi di
concentramento di Texas, Arizona,
Wyoming e Hawaii, dove le condizioni
erano molto dure, lavori forzati,
pressioni fisiche e psicologiche,
isolamento, scarse razioni alimentari e
frequenti punizioni corporali.

I più famigerati di questi campi
furono quelli di Hereford e di Amarillo
in Texas, dove si registrarono anche
diversi decessi di nostri militari per
malattie e "incidenti" vari.

(Carri italiani M13/40 nel deserto libico.)


I prigionieri Italiani internati negli
Stati Uniti furono 51.000, unitamente a
circa 300.000 Tedeschi e Giapponesi e
vennero rinchiusi in vari campi situati
un po' in tutti gli Stati degli Usa, in
particolare in California, Texas,
Wyoming, Arizona,New York,
Washington, Georgia, Alaska e Hawaii.

Dopo la caduta di Mussolini i nostri
prigionieri furono sottoposti a forti e
insistenti pressioni per invitarli a
collaborare con gli ex-nemici e questo
causò una netta divisione tra quelli che
accettarono l'invito e quelli che lo
respinsero, cioè i "non cooperatori".

I primi, la maggioranza, vennero
trattati con condizioni di favore e
impiegati principalmente in agricoltura
e nei lavori ferroviari per coprire la


Volontà, che nel dopoguerra continuò
ad essere pubblicato per molti anni in
Italia.

Gli altri circa 50/60.000 Italiani
furono internati nei campi francesi in
Tunisia, Algeria, Marocco e Africa
Equatoriale Francese, campi che erano
dei veri e propri "lager" dove i
prigionieri, spogliati di tutto, furono
sottoposti a vessazioni di ogni genere,
con scarsità di viveri, senza assistenza
medica, ammassati all'aperto senza
alcun riparo, sotto il sole cocente di
giorno e al freddo di notte.

Infatti in questi campi si registrarono
oltre 3.000 decessi di nostri soldati.

Anche per molti prigionieri Italiani
degli Americani e dei Francesi non è
vero come dice la vulgata ufficiale che
furono subito rimpatriati, perché molti
lo furono solo nel 1946 e gli ultimi del
campo Usa di Hereford (Texas) lo
furono solo nel 1947.


Un altro aspetto poco conosciuto è
che molti prigionieri, considerati
Fascisti o che comunque non avevano
collaborato con gli Alleati, al rientro in
Italia furono processati dai Tribunali
Militari e condannati alla pena
simbolica di 5 giorni, furono loro
negate anche la pensione di guerra e gli
assegni per la prigionia e, come ultima
beffa, ad alcuni fu addirittura fatto
ripetere il servizio militare!!



(Prigionieri italo-tedeschi catturati in Tunisia
al termine della campagna del Nordafrica)

Le vicende dei prigionieri di guerra
Italiani, sigla POW (Prisoners of War),
narrate in numerosi "bollettini" o
"giornali dei prigionieri" scritti e
stampati con mezzi di fortuna nei campi
di concentramento, furono anche
riprese in alcuni libri pubblicati nel
dopoguerra (Prigionieri in Texas, Fame
in America, America Dolce e Amara,
Avevamo Vent'anni, Io prigioniero in
Texas, Il cielo è rosso).

Anche i "non cooperatori" internati
alle Hawaii diedero vita ad un loro
giornale dei prigionieri.


                                                                                                                

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